Quaderno I (XVI) § (76) La crisi dell’«Occidente»

La «Fiera Letteraria» del 29 luglio 1928 riporta alcuni brani di un articolo di Filippo Burzio sulla «Stampa. Si parla oggi dell’Occidente come qualche secolo addietro si parlava della «Cristianità». È esistita una prima unità dell’Occidente, quella cristiano-cattolica medievale; un primo scisma, o crisi, la Riforma con le guerre di religione. Dopo la Riforma, dopo due secoli, o quasi, di guerre di religione, si realizzò di fatto, in Occidente, una seconda unità, di altra indole, permeando di sé profondamente tutta la vita europea e culminando nei secoli XVIII e XIX: né le resistenze che incontrò la infirmarono, più che le eresie medioevali non abbiano infirmata la prima. È questa nuova unità che è in crisi (il Burzio è in polemica implicita coi cattolici, i quali vorrebbero appropriarsi la «cura» della crisi, come se questa si verificasse nel loro terreno ed essi ne fossero gli antagonisti reali, mentre sono i rottami o i fossili di una unità storica già definitivamente superata). Essa poggia su tre piloni: lo spirito cristiano, lo spirito scientifico, lo spirito capitalistico (forse sarebbe meglio di re «industriale»). I due ultimi sono saldi (se «capitalismo» = «industrialismo» sì), il primo invece non lo è più, e perciò le élites spirituali di Occidente soffrono di squilibrio e di disarmonia fra la coscienza critica e l’azione (sarebbe sempre la crisi dello «storicismo» per l’opposizione tra «sentimento», «passione» e coscienza critica). Come sostegno al fare, come aiuto al vivere, l’imperativo filosofico è grigio e vuoto quanto il solidarismo scientifico. In questo vuoto l’anima boccheggia e ne sa qualche cosa l’ispirazione poetica, che si è andata facendo sempre più tetra o febbrile. Quasi nessun giorno interiore al nostro tempo è lieto (ma questa crisi non è piuttosto legata alla caduta del mito del progresso indefinito e all’ottimismo che ne dipendeva, cioè a una forma di religione, piuttosto che alla crisi dello storicismo e della coscienza critica? In realtà la «coscienza critica» era ristretta a una piccola cerchia, egemonica, sì, ma ristretta; l’«apparato di governo» spirituale si è spezzato, e c’è crisi, ma essa è anche di diffusione, ciò che porterà a una nuova «egemonia» più sicura e stabile). Dobbiamo salvare l’Occidente integrale; tutta la conoscenza, con tutta l’azione. L’uomo ha voluto navigare, e ha navigato; ha voluto volare, ed ha volato; da tanti secoli che pensa Dio, non dovrà servire a niente? Albeggia, emerge, dalla creatura la mentalità del creatore. Se non si può scegliere tra i vari modi di vita, perché specializzarsi vorrebbe dire mutilarsi, non rimane che fare tutto. Se l’antica religione sembri esausta, non rimane che ringiovanirla. Universalità, interiorità, magicità. Se Dio si cela, resta il demiurgo. Uomo dell’Occidente hic res tua agitur. (Notare come da poli opposti, B. Croce e F. Burzio resistono alla ondata della nuova «religiosità» antistoricistica).

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