Quaderno 23 (VI) § (9) I nipotini di padre Bresciani
Esame di una parte cospicua della letteratura narrativa italiana, specialmente degli ultimi decenni. La preistoria del brescianesimo moderno (del dopoguerra) può essere identificata in una serie di scrittori come: Antonio Beltramelli, con libri del tipo Gli Uomini Rossi, Il Cavalier Mostardo ecc.; Polifilo (Luca Beltrami) con le diverse rappresentazioni dei «popolari di Casate Olona»; ecc. La letteratura abbastanza folta e diffusa in certi ambienti e che ha un carattere più tecnicamente «sagrestano»; essa è poco conosciuta nell’ambiente laico di cultura e per niente studiata. Il suo carattere tendenzioso e propagandistico è apertamente confessato: si tratta della «buona stampa». Tra la letteratura di sagrestia e il brescianesimo laico sta una corrente letteraria che negli ultimi anni si è molto sviluppata (gruppo cattolico fiorentino guidato da Giovanni Papini, ecc.): un esempio tipico di questi, L’Ateo, riflette il mostruoso scandalo Don Riva – suor Fumagalli in un modo ancor più mostruosamente aberrante: il Molteni giunge ad affermare che appunto per la sua qualità di prete obbligato al celibato e alla castità bisogna compatire Don Riva (che violentò e contagiò una trentina di fanciullette di pochi anni, offertegli dalla Fumagalli per tenerselo «fedele») e crede che a tale massacro possa essere contrapposto, come moralmente equivalente, il volgare adulterio di un avvocato ateo. Il Molteni era molto noto nel mondo letterario cattolico: è stato critico letterario e articolista di tutta una serie di quotidiani e periodici clericali, fra i quali l’«Italia» e «Vita e Pensiero».
Il brescianesimo assume una certa importanza nel «laicato» letterario del dopoguerra e va sempre più diventando la «scuola» narrativa preminente e ufficiosa.