Q 4, 3 - Due aspetti del marxismo
§ Due aspetti del marxismo. Il marxismo è stato un momento della cultura moderna: in una certa misura ne ha determinato e fecondato alcune correnti. Lo studio di questo fenomeno molto importante e significativo è stato trascurato o è addirittura ignorato dai marxisti «ufficiali» per questa ragione: che esso ha avuto per tramite la filosofia idealista, ciò che ai marxisti legati essenzialmente alla particolare corrente di cultura dell’ultimo quarto del secolo scorso (positivismo, scientismo) pare un controsenso. Per questo mi pare da rivalutare la posizione di Antonio Labriola. Perché? Il marxismo ha subito una doppia revisione, cioè ha dato luogo a una doppia combinazione. Da un lato alcuni suoi elementi, esplicitamente o implicitamente, sono stati assorbiti da alcune correnti idealistiche (Croce, Sorel, Bergson ecc., i pragmatisti ecc.); dall’altra i marxisti «ufficiali», preoccupati di trovare una «filosofia» che contenesse il marxismo,l’hanno trovata nelle derivazioni moderne del materialismo filosofico volgare o anche in correnti idealistiche come il Kantismo (Max Adler). Il Labriola si distingue dagli uni e dagli altri con la sua affermazione che il marxismo stesso è una filosofia indipendente e originale. In questa direzione occorre lavorare, continuando e sviluppando la posizione del Labriola. Il lavoro è molto complesso e delicato. Perché il marxismo ha avuto questa sorte, di apparire assimilabile, in alcuni suoi elementi, tanto agli idealisti che ai materialisti volgari? Bisognerebbe ricercare i documenti di questa affermazione, ciò che significa fare la storia della cultura moderna dopo Marx e Engels.
Per gli idealisti: vedere quali elementi del marxismo sono stati assorbiti «esplicitamente», cioè confessatamente. Per esempio, il materialismo storico come canone empirico di ricerca storica del Croce, che ha introdotto questo suo concetto nella cultura moderna, anche fra i cattolici (cfr. Olgiati) in Italia e all’estero, il valore delle ideologie ecc.; ma la parte più difficile e delicata è la ricerca degli assorbimenti «impliciti», non confessati, avvenuti perché appunto il marxismo è stato un momento della cultura, una atmosfera diffusa, che ha modificato i vecchi modi di pensare per azioni e reazioni non apparenti o non immediate. Lo studio del Sorel può dare molti indizi a questo proposito. Bisognerebbe però studiare specialmente la filosofia del Bergson e il pragmatismo per vedere in quanto certe loro posizioni sarebbero inconcepibili senza l’anello storico del marxismo; così per il Croce e Gentile ecc.
Un altro aspetto della quistione è l’insegnamento pratico che il marxismo ha dato agli stessi partiti che lo combattono per principio, così come i gesuiti combattevano Machiavelli pur applicandone i principii (in una «Opinione» pubblicata dal Missiroli nella «Stampa» del 1925 o 26 su per giù si dice: «Sarebbe da vedere se nell’intimo della loro coscienza, gli industriali più intelligenti non siano persuasi che Marx abbia visto molto bene nelle cose loro» o qualcosa di simile). Ciò è naturale, perché se Marx ha esattamente analizzato la realtà, egli non ha fatto che sistemare razionalmente ciò che gli agenti storici di questa realtà sentono confusamente e istintivamente.
L’altro aspetto della quistione è ancor più interessante. Perché anche i marxisti ufficiali hanno «combinato» il marxismo con una filosofia non marxista? Cfr. R. Luxemburg in volumetto su Marx. Nel campo filosofico mi pare che la ragione storica sia da ricercare nel fatto che il marxismo ha dovuto allearsi con tendenze estranee per combattere i residui del mondo precapitalistico nelle masse popolari, specialmente nel terreno religioso. Osservazione di Sorel a proposito di Clemenceau e il marxismo nella lettera a Missiroli. Il marxismo aveva due compiti: combattere le ideologie moderne nella loro forma più raffinata e rischiarare le masse popolari, la cui cultura era medioevale. Questo secondo compito, che era fondamentale, ha assorbito tutte le forze, non solo «quantitativamente», ma «qualitativamente»; per ragioni «didattiche» il marxismo si è confuso con una forma di cultura un po’ superiore alla mentalità popolare, ma inadeguata per combattere le altre ideologie delle classi colte, mentre il marxismo originario era proprio il superamento della più alta manifestazione culturale del suo tempo, la filosofia classica tedesca. Ne è nato un «marxismo» in «combinazione» buono per la letteratura di cui parla il Sorel, ma insufficiente per creare un vasto movimento culturale che abbracci tutto l’uomo, in tutte le sue età e in tutte le sue condizioni sociali, unificando moralmente la società. Questo fenomeno si può osservare in tutte le culture moderne, nel senso che la filosofia moderna non riesce a elaborare un programma scolastico secondo la sua visione del mondo e non riesce a elaborare una cultura popolare, ma rimane la cultura di una aristocrazia intellettuale. Questa quistione è legata alla quistione della così detta «riforma» nei paesi non protestanti. Nel volume Storia dell’età barocca in Italia, a p. 11, il Croce scrive: «Il movimento della Rinascita era rimasto aristocratico, di circoli eletti, e nella stessa Italia, che ne fu madre e nutrice, non uscì dai circoli di corte, non penetrò fino al popolo, non divenne costume o “pregiudizio”, ossia collettiva persuasione e fede. La Riforma, invece, ebbe bensì questa efficacia di penetrazione popolare, ma la pagò con un ritardo nel suo intrinseco sviluppo, con la lenta e più volte interrotta maturazione del suo germe vitale». A p. 8: «E Lutero, come quegli umanisti, depreca la tristezza e celebra la letizia, condanna l’ozio e comanda il lavoro; ma, d’altra parte, è condotto a diffidenza e ostilità contro le lettere e gli studi, sicché Erasmo poté dire: ubicumque regnat lutheranismus, ibi literarum est interitus; e certo, se non proprio per solo effetto di quella avversione in cui era entrato il suo fondatore, il protestantesimo tedesco fu per un paio di secoli pressoché sterile negli studi, nella critica, nella filosofia. I riformatori italiani, segnatamente quelli del circolo di Giovanni de Valdés e i loro amici, riunirono invece senza sforzo l’umanismo al misticismo, il culto degli studi all’austerità morale. Il calvinismo, con la sua dura concezione della grazia e la dura disciplina, neppur esso favorì la libera ricerca e il culto della bellezza; ma gli accadde, interpretando e svolgendo e adattando il concetto della grazia e quello della vocazione, di venire a promuovere energicamente la vita economica, la produzione e l’accrescimento della ricchezza». La riforma luterana e il calvinismo crearono una cultura popolare, e solo in periodi successivi una cultura superiore; i riformatori italiani furono sterili di grandi successi storici. La filosofia moderna continua la Rinascita e la Riforma nella sua fase superiore, ma coi metodi della Rinascita, senza l’incubazione popolare della Riforma che ha creato le basi solide dello Stato moderno nelle nazioni protestantiche. Per questo suo sviluppo popolare la Riforma poté resistere all’assalto armato della coalizione cattolica e così fu fondata la nazione germanica. A questo movimento può essere paragonato l’illuminismo «politico» francese che precedé e accompagnò la Rivoluzione dell’89: anch’esso fu una riforma intellettuale e morale del popolo francese e anch’esso non fu accompagnato da una cultura superiore. (Ricordare anche qui la riduzione di Marx dei termini politici francesi «fraternité, ecc.» al linguaggio della filosofia tedesca nella Sacra Famiglia). Rinascita-Riforma – Filosofia tedesca – Rivoluzione francese – laicismo liberalismo – storicismo – filosofia moderna – materialismo storico. Il materialismo storico è il coronamento di tutto questo movimento di riforma intellettuale e morale, nella sua dialettica cultura popolare – alta cultura. Corrisponde alla Riforma + Rivoluzione francese, universalità + politica; attraversa ancora la fase popolare, è diventato anche «pregiudizio» e «superstizione». Il materialismo storico, così com’è, è l’aspetto popolare dello storicismo moderno. Nella storia della cultura, che è più larga della storia della filosofia, ogni volta che la cultura popolare è affiorata, perché si attraversava una fase di rivolgimenti sociali e dalla ganga popolare si selezionava il metallo di una nuova classe, si è avuta una fioritura di «materialismo»; viceversa le classi tradizionali si aggrappavano allo spiritualismo. Hegel, a cavallo della Rivoluzione francese e della Restaurazione, ha dialettizzato i due momenti della vita filosofica, materialismo e spiritualismo. I continuatori di Hegel hanno distrutto quest’unità, e si è ritornati al vecchio materialismo con Feuerbach e allo spiritualismo della destra hegeliana. Marx nella sua giovinezza ha rivissuto tutta questa esperienza: hegeliano, materialista feuerbacchiano, marxista, cioè ha rifatto l’unità distrutta in una nuova costruzione filosofica: già nelle tesi su Feuerbach appare nettamente questa sua nuova costruzione, questa sua nuova filosofia. Molti materialisti storici hanno rifatto per Marx ciò che era stato fatto per Hegel, cioè dall’unità dialettica sono ritornati al materialismo crudo, mentre, come detto, l’alta cultura moderna, idealista volgare, ha cercato di incorporare ciò che del marxismo le era indispensabile, anche perché questa filosofia moderna, a suo modo, ha cercato di dialettizzare anch’essa materialismo e spiritualismo, come aveva tentato Hegel e realmente fatto Marx. «Politicamente», il materialismo è vicino al popolo, alle credenze e ai pregiudizi e anche alle superstizioni popolari (cfr. stregonerie degli spiritisti, Maeterlinck, ecc.). Ciò si vede nel cattolicismo e nell’ortodossia orientale. La religione popolare è crassamente materialista e la religione ufficiale cerca di non allontanarsene troppo, per non staccarsi dalle masse, per non diventare la ideologia di ristretti gruppi. I neoscolastici moderni tentano appunto di incorporare il positivismo nel cattolicismo (scuola di Lovanio ecc.).
Molti tentativi ereticali sono tentativi di riforme puramente spiritualiste della religione: ma il dualismo natura-spirito serve molto bene alla chiesa per mantenersi legata al popolo e nello stesso tempo permettere una certa selezione aristocratica (platonismo e aristotelismo nella religione cattolica).
Nella storia degli sviluppi culturali, bisogna tener molto conto dell’organizzazione della cultura e del personale che la esprime. Cfr. atteggiamento di Erasmo verso la Riforma (vedi articolo di De Ruggiero in «Nuova Italia» e suo libro sulla Riforma) e di altri intellettuali: essi piegano dinanzi alle persecuzioni e ai roghi: il portatore storico della Riforma è il popolo tedesco, non gli intellettuali. Ma questa «vigliaccheria» degli intellettuali spiega la «sterilità» della Riforma nell’alta cultura, finché dalle classi popolari riformate non si seleziona lentamente un nuovo gruppo di intellettuali ed ecco la filosofia tedesca del 700-800. Qualcosa di simile avviene anche per il marxismo: non crea un’alta cultura perché i grandi intellettuali che si formano sul suo terreno non sono selezionati dalle classi popolari, ma dalle classi tradizionali, alle quali ritornano nelle «svolte» storiche o se rimangono con esse, è per impedirne lo sviluppo autonomo. L’affermazione che il marxismo è una filosofia nuova, indipendente, è l’affermazione della indipendenza e originalità di una nuova cultura in incubazione, che si svilupperà con lo svilupparsi delle relazioni sociali. Ciò che esiste è «combinazione» di vecchio e nuovo, equilibrio momentaneo corrispondente all’equilibrio dei rapporti sociali. Solo quando si crea uno Stato, è veramente necessario creare un’alta cultura. In ogni modo l’atteggiamento deve essere sempre critico e mai dogmatico, dev’essere un atteggiamento in certo senso romantico, ma di un romanticismo che consapevolmente ricerca la sua serena classicità.