Giornalismo
Quaderno 6 (VIII) § (65)
Ciò che Napoleone III disse del giornalismo durante la sua prigionia in Germania al giornalista inglese Mels-Cohn (cfr Paul Guériot, La captivité de Napoléon III en Allemagne, pp. 250, Parigi, Perrin). Napoleone avrebbe voluto fare del giornale ufficiale un foglio modello, da mandare gratuitamente a ogni elettore, con la collaborazione delle penne più illustri del tempo e con le informazioni più sicure e più controllate da ogni parte del mondo. La polemica, esclusa, sarebbe rimasta confinata nei giornali particolari ecc.
La concezione del giornale di Stato è logicamente legata alle strutture governative illiberali (cioè a quelle in cui la società civile si confonde con la società politica), siano esse dispotiche o democratiche (ossia quelle in cui la minoranza oligarchica pretende di essere tutta la società, o in quelle in cui il popolo indistinto pretende e crede di essere veramente lo Stato). Se la scuola è di Stato, perché non sarà di Stato anche il giornalismo, che è la scuola degli adulti?
Napoleone argomentava partendo dal concetto che se è vero l’assioma giuridico che l’ignoranza delle leggi non è scusa per l’imputabilità, lo Stato deve gratuitamente tenere informati i cittadini di tutta la sua attività, deve cioè educarli: argomento democratico che si trasforma in giustificazione dell’attività oligarchica. L’argomento però non è senza pregio: esso può essere «democratico» solo nelle società in cui la unità storica di società civile e società politica è intesa dialetticamente (nella dialettica reale e non solo concettuale) e lo Stato è concepito come superabile dalla «società regolata»: in questa società il partito dominante non si confonde organicamente col governo, ma è strumento per il passaggio dalla società civile-politica alla «società regolata», in quanto assorbe in sé ambedue, per superarle (non per perpetuarne la contraddizione), ecc.
A proposito del regime giornalistico sotto Napoleone III, ricordare l’episodio del prefetto di polizia che ammonisce un giornale perché in un articolo sui concimi non era fissato risolutamente quale concime era il migliore: ciò, secondo il prefetto, contribuiva a lasciare nell’incertezza il pubblico ed era perciò biasimevole e degno di richiamo da parte della polizia.