Riviste-tipo. Storia e «progresso»

Quaderno 6 (VIII) § (125)

La storia ha raggiunto un certo stadio; pare che perciò sia antistorico ogni movimento che appare in contrasto con quel certo stadio, in quanto «riproduce» uno stadio precedente; in questi casi si arriva a parlare di reazione, ecc. La quistione nasce dal non concepire la storia come storia di classi. Una classe ha raggiunto un certo stadio, ha costruito una certa forma di vita statale: la classe dominata, che insorge, in quanto spezza questa realtà acquisita, è perciò reazionaria?

Stati unitari, movimenti autonomistici; lo Stato unitario è stato un progresso storico, necessario, ma non perciò si può dire che ogni movimento tendente a spezzare gli Stati unitari sia antistorico e reazionario; se la classe dominata non può raggiungere la sua storicità altro che spezzando questi involucri, significa che si tratta di «unità» amministrative-militari-fiscali, non di «unità» moderne; può darsi che la creazione di tale unità moderna domandi che sia spezzata l’unità «formale» precedente, ecc. Dove esiste più unità moderna: nella Germania «federale» o nelle «Spagna» unitaria di Alfonso e dei proprietari-generali-gesuiti? ecc. Questa osservazione può essere estesa a molte altra manifestazioni storiche, per esempio al grado di «cosmopolitismo» raggiunto nei diversi periodi dello sviluppo culturale internazionale. Nel 700 il cosmopolitismo degli intellettuali è stato «massimo», ma quanta frazione dell’insieme sociale esso toccava? E nn si trattava in gran parte di una manifestazione egemonica della cultura e dei grandi intellettuali francesi?

È certo tuttavia che ogni classe dominante [nazionale] è più vicina alle altre classi dominanti, come cultura e costumi, che non avvenga tra classi subalterne, anche se queste <sono> «cosmopolite» per programma e destinazione storica. Un gruppo sociale può essere «cosmopolita» per la sua politica e la sua economia e non esserlo per i costumi e anche per la cultura <reale>.


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