Caduta tendenziale del saggio del profitto

Quaderno 7 (VII) § (34)

Si potrebbe chiamare (forse) un teorema di prima approssimazione: ma (forse) perciò è meno importante? Questo teorema dovrebbe essere studiato in base al taylorismo e al fordismo. Non sono queste due attività il tentativo di superare questa prima approssimazione? Si aumenta il capitale costante, ma in questo incremento esiste una variabile che toglie immediatamente effetto alla legge: una o più variabili, come produzione di macchine sempre più perfette, di metalli più resistenti, di un diverso tipo di operaio, diminuzione dello scarto, utilizzazione dei sottoprodotti (in generale, cioè risparmio di scarti, [necessari,] reso possibile dalla loro grande quantità). L’industriale con ognuna di queste innovazioni passa da un periodo di costi crescenti a un periodo di costi decrescenti, in quanto viene a godere di un monopolio d’iniziativa che può durare abbastanza a lungo (relativamente): il monopolio dura a lungo a causa anche degli «alti salari» che tali industrie progressive possono e «devono» dare, per avere la possibilità di selezionare, nella massa degli operai esistenti, quelli «psicofisicamente» più adatti per i metodi di lavoro e di produzione. L’estensione del nuovo tipo di produzione porta a una serie di crisi, che ripropone gli stessi problemi della «caduta tendenziale del saggio di profitto», problemi che si può immaginare ritornanti a ciclo finché:

  1. non si sia raggiunto il limite matematico della resistenza del materiale,
  2. non si sia raggiunto il limite nell’uso delle macchine automatiche,
  3. non si sia raggiunto il limite di saturazione nell’industria mondiale, tenendo conto del saggio di aumento della popolazione e della produzione per rinnovare la merce d’uso e i beni strumentali.

La legge tendenziale scoperta da Marx sarebbe quindi alla base dell’americanismo, cioè del ritmo accelerato nel progresso dei metodi di lavoro e di produzione e di modificazione del tipo di operaio.

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