«Esperanto» filosofico e scientifico

Quaderno 7 (VII) § (3)

Dal non comprendere la storicità dei linguaggi e quindi delle ideologie e delle opinioni scientifiche è conseguita la tendenza a costruire un esperanto o un volapük della filosofia e della scienza. È strano e curioso come nei rappresentanti di questa tendenza esista lo stesso stato d’animo dei popoli primitivi verso tutti gli altri popoli da loro conosciuti: ogni popolo primitivo chiamava se stesso «uomo» o «uomini», cioè la parola per indicare se stesso è la stessa che serve ad indicare l’«uomo», e gli altri popoli sono chiamati «muti» o «balbettanti» (barbari), in quanto non conoscono la «lingua degli uomini». Così avviene che per gli inventori di volapük è delirio, è pregiudizio, è superstizione ecc.: essi (con processo analogo a quello che si verifica nelle mentalità settarie ) trasformano in giudizio morale o in diagnosi di ordine psichiatrico ciò che dovrebbe essere un giudizio storico.

Pare che in Italia il rappresentante più compiuto di questa tendenza sia oggi il signor Mario Govi, col suo volume  Fondazione della Metodologia – Logica ed Epistemologia, Torino, Bocca, 1929, pp. 579 ma molte tracce di questa tendenza si trovano nel Saggio popolare. Per il Govi pare che la logica e l’epistemologia (ossia metodologia speciale, mentre la logica sarebbe la metodologia generale) esistano in sé e per sé astratte dal pensiero concreto e delle concrete scienze particolari (così come la lingua esiste nel vocabolario e nelle grammatiche, la tecnica esiste fuori del lavoro, ecc. ecc. ): con questa concezione è naturale che si ritenga legittimo un «volapük» della filosofia.

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