Risorgimento. Il Partito d’Azione. § (5)

Per la storia del Partito d’Azione e del «trasformismo» italiano in generale è molto interessante una lettera di Francesco De Sanctis a Giuseppe Civinini pubblicata nel «Bullettino Storico Pistoiese» da Filippo Civinini e riassunta nel «Marzocco» del 4 ottobre 1931. La lettera è senza data ma pare debba essere stata scritta tra il secondo semestre del 1866 e i primi del 1868. Scrive il De Sanctis, tra l’altro: «La trasformazione dei partiti, la costituzione di un partito progressista di contro a un partito conservatore, è una mia vecchia idea per la quale combatto da tre anni e che è la bandiera del mio giornale». «Per me partito moderato e partito d’azione avevano cessato di esistere fin dalla catastrofe di Aspromonte. L’antica Sinistra morì il giorno che Mordini e Crispi non vollero dimettersi, come molti dei loro compagni, per le cose di Sicilia. Da quel tempo la Sinistra entrava in una via di trasformazione e diventò un’opposizione costituzionale progressista. Il programma del Mordini e l’altro di Crispi, al tempo delle elezioni generali, confermarono questo indirizzo. E fu questo il partito che uscì molto rinforzato dalle urne e a cui si accostarono in grandissimo numero degli uomini nuovi venuti in Parlamento a costituire la consorteria. Ne’ programmi di quel tempo non più traccia di odio napoleonico, di agitazioni di piazza, di insurrezioni, senza e contro il governo, di velleità repubblicane» ecc. La datazione mi pare errata, perché il De Sancris scrive di sedere nella Sinistra, «nella nuova Sinistra», e mi pare che il passaggio del De Sanctis alla Sinistra sia avvenuto più tardi.

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Funzione cosmopolita degli intellettuali italiani. In Ungheria. § (4)

Il «Marzocco» del 4 ottobre 1931 riassume dall’«Illustrazione Toscana» un articolo del dott. Ladislao Holik-Barabas su Filippo Scolari detto Pippo Spano che fu «una delle figure più caratteristiche fra gli italiani che hanno portato lungi dalla patria straordinarie energie conquistando gradi eminenti nei paesi d’elezione». Lo Scolari fu successivamente intendente delle miniere, poi liberatore del sovrano, re Sigismondo d’Ungheria, conte di Temesvar, governatore generale dell’Ungheria e condottiero degli Ungheresi contro i Turchi. Pippo Spano morì il 27 dicembre 1426.

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Formazione e diffusione della nuova borghesia. § (3)

In altra nota ho segnato che si potrebbe fare una ricerca «molecolare» negli scritti italiani del Medio Evo per cogliere il processo di formazione intellettuale della borghesia, il cui sviluppo storico culminerà nei Comuni per subire poi una disgregazione e un dissolvimento. La stessa ricerca si potrebbe fare nel periodo 1750-1850, quando si ha la nuova formazione borghese che culmina nel Risorgimento. Anche qui il modello del Groethuysen (Origines de l’esprit bourgeois en France: I° L’Eglise et la Bourgeoisie) potrebbe servire, integrato, naturalmente, di quei motivi che sono peculiari della storia sociale italiana. Le concezioni del mondo, dello Stato, della vita contro cui deve combattere lo spirito borghese in Italia non sono simili a quelle che esistevano in Francia.

Foscolo e Manzoni in un certo senso possono dare i tipi italiani. Il Foscolo è l’esaltatore delle glorie letterarie e artistiche del passato (cfr i Sepolcri, i Discorsi civili, ecc.), la sua concezione è essenzialmente «retorica» (sebbene occorra osservare che nel tempo suo questa retorica avesse un’efficienza pratica attuale e quindi fosse «realistica»).

Nel Manzoni troviamo spunti nuovi, più strettamente borghesi (tecnicamente borghesi). Il Manzoni esalta il commercio e deprime la poesia (la retorica). Lettere al Fauriel. Nelle Opere inedite ci sono dei brani in cui il Manzoni biasima l’unilateralità dei poeti che disprezzano la «sete dell’oro» dei commercianti, disconoscono l’audacia dei navigatori mentre parlano di sé come di esseri sovrumani. In una lettera al Fauriel scrive: «pensi di che sarebbe più impacciato il mondo, del trovarsi senza banchieri o senza poeti, quale di queste due professioni serva più, non dico al comodo, ma alla coltura dell’umanità». (Cfr Carlo Franeli, Il Manzoni e l’idea dello scrittore, nella «Critica Fascista» del 15 dicembre 1931). Il Franelli osserva: «I lavori di storia e di economia politica li mette più in alto che una letteratura piuttosto (?!) leggera. Sulla qualità della coltura italiana d’allora ha dichiarazioni molto esplicite nelle lettere all’amico Fauriel. Quanto ai poeti, la loro tradizionale megalomania lo offende. Osserva che oggidì perdono tutto quel gran credito che godettero in passato. Ripetutamente ricorda che alla poesia ha voluto bene in “gioventù”».
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Lo Stato e la concezione del diritto. § (2)

La rivoluzione portata dalla classe borghese nella concezione del diritto e quindi nella funzione dello Stato consiste specialmente nella volontà di conformismo (quindi eticità del diritto e dello Stato). Le classi dominanti precedenti erano essenzialmente conservatrici nel senso che non tendevano ad elaborare un passaggio organico delle altre classi alla loro, ad allargare cioè la loro sfera di classe «tecnicamente» e ideologicamente: la concezione di casta chiusa. La classe borghese pone se stessa come un organismo in continuo movimento, capace di assorbire tutta la società, assimilandola al suo livello culturale ed economico: tutta la funzione dello Stato è trasformata: lo Stato diventa «educatore», ecc. Come avvenga un arresto e si ritorni alla concezione dello Stato come pura forza ecc. La Classe borghese è «saturata»: non solo non si diffonde, ma si disgrega; non solo non assimila nuovi elementi, ma disassimila una parte di se stessa (o almeno le disassimilazioni sono enormemente più numerose delle assimilazioni). Una classe che ponga se stessa come possibile di assimilare tutta la società, e sia nello stesso tempo realmente capace di esprimere questo processo, porta alla perfezione questa concezione dello Stato e del diritto, tanto da concepire la fine dello Stato e del diritto come diventati inutili per aver esaurito il loro compito ed essere stati assorbiti dalla società civile.

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