«Apparenze» e superstrutture § (234)

È vero che è esistita la tendenza a giudicare le superstrutture come mere e labili apparenze. Mi pare si possa dire che una tale tendenza si riduce essenzialmente a un atteggiamento psicologico, in cui il contenuto teorico è scarsissimo e predomina la immediata passione polemica contro una esagerazione e deformazione in senso inverso. Si potrebbe paragonare tale atteggiamento a quello che si è verificato verso la «donna» e l’amore in certe epoche. Appare una graziosa giovinetta, bianca e rosea ecc. ecc. L’uomo «pratico» valuta la sua struttura «scheletrica», l’ampiezza del «bacino», cerca di conoscere sua madre o sua nonna, per vedere quale [probabile] processo di deformazione ereditaria la giovinetta subità con gli anni, per vedere quale «moglie» egli avrà tra 10 o 20 o 30 anni. Il giovinetto «satanico», con atteggiamento pessimistico o ultrarealistico, osserva la giovinetta con occhi «stecchettiani»; anch’essa è un sacco di sterco, la immagina morta e sotterrata, in putrefazione, dalle occhiaie fetenti e vuote brulicheranno i vermi, il roseo sarà cadaverico pallore, la snellezza sarà disfacimento, l’eleganza delle mosse, gioco di ossa e tendini, sarà un sacchetto di ossa inerti ecc. È questo un atteggiamento psicologico che è legato agli anni giovanili, alle prime riflessioni. Tuttavia viene superato dalla vita, e una «determinata» donna non farà più pensare in quel modo ecc.
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