Carattere non popolare-nazionale della letteratura italiana § (145)

Consenso della nazione o degli «spiriti eletti». Cosa deve interessare di più un artista, il consenso dell’opera sua della «nazione»o quello degli «spiriti eletti»? Ma può esserci separazione tra «spiriti eletti» e «nazione»? Il fatto che la quistione sia stata posta e si continui a porre in questi termini, mostra per se stesso una situazione determinata storicamente di distacco tra intellettuali e nazione. Quali sono poi gli «spiriti» riputati «eletti»? Ogni scrittore o artista ha i suoi «spiriti eletti», cioè si ha in realtà di una disgregazione degli intellettuali in combriccole e sette di «spiriti eletti», disgregazione che appunto dipende dalla non aderenza alla nazione-popolo, dal fatto che il «contenuto» sentimentale dell’arte, il mondo culturale è astratto dalle correnti profonde della vita popolare-nazionale, che essa stessa rimane disgregata e senza espressione. Ogni movimento intellettuale diventa o ridiventa nazionale se si è verificata una «andata al popolo», se si è avuta una fase «Riforma» e non solo una fase «Rinascimento» e se le fasi «Riforma-Rinascimento» si susseguono organicamente e non coincidono con fasi storiche distinte (come in Italia, in cui tra il movimento comunale [- riforma -] e quello del Rinascimento c’è stato un iato storico dal punto di vista della partecipazione popolare alla vita pubblica). Anche se si dovesse cominciare con lo scrivere «romanzi d’appendice» e versi da melodramma, senza un periodo di andata al popolo non c’è «Rinascimento» e non c’è letteratura nazionale.

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