I nipotini del padre Bresciani. A. Luzio § (104)

Articolo di A. Luzio nel «Corriere della Sera» del 25 marzo 1932 (La morte di Ugo Bassi e di Anita Garibaldi) in cui si tenta una riabilitazione del padre Bresciani. Le opere del Bresciani «al postutto non possono, quanto al contenuto, venir liquidate con sommarie condanne». Il Luzio pone insieme il saggio del De Sanctis con un epigramma del Manzoni (il quale, interrogato se conoscesse l’Ebreo di Verona, avrebbe risposto, secondo il diario di Margherita da Collegno: «Ho letto i primi due periodi; paiono due sentinelle che dicano non andate avanti) e poi chiama «sommarie» le condanne; non c’è del gesuitico in questo furbo giocherello?

E ancora: «Non simpatico certo è il tono con cui egli, portavoce della reazione susseguita ai moti del ’48-49, rappresentava e giudicava gli asservitori delle aspirazioni nazionali: ma in più d’uno dei suoi racconti, soprattutto nel Don Giovanni ossia il Benefattore occulto (volumi 26-27 della “Civiltà Cattolica”), non mancano accenti di umana e cristiana pietà per le vittime; parziali episodi vengono equamente messi in bella luce, per esempio la morte di Ugo Bassi e la straziante fine di Anita Garibaldi». Ma forse che il Bresciani poteva fare diversamente? Ed è proprio notevole, per giudicare il Luzio, che egli dia per buono al Bresciani proprio il suo gesuitismo e la sua demagogia di bassa lega.

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