La religione, il lotto e l’oppio del popolo § (228)
(vedi a p. 66). Un altro elemento da comprendere in questo «argomento» potrebbe essere quello del così detto «pari» di Pascal, che avvicina la religione al gioco d’azzardo. È da riflettere che Pascal è stato molto fine nel dare una forma letteraria e una giustificazione logica a questo argomento della scommessa, che in realtà è un modo di pensare di molti verso la religione, ma un modo di pensare «che si vergogna di se stesso» perché sembra indegno e basso. Pascal ha affrontato la «vergogna» e ha cercato di dare dignità e giustificazione al modo di pensare popolare. (Quante volte non si è inteso dire: che cosa ci perdi ad andare in Chiesa, a credere in Dio ecc.? Se non c’è, pazienza; ma se c’è, vedi come ti sarà utile aver creduto ecc.?) Questo modo di pensare – e anche il «pari» di Pascal – sente di volterrianismo e ricorda il modo buffonesco di dire di Heine: «credo che il padre eterno ci prepari una bella sorpresa dopo la morte» o qualcosa di simile.
Vedere come gli studiosi di Pascal spiegano il «pari». Mi pare che ci sia uno studio di P.P. Trompeo nel suo volume Rilegature gianseniste, in cui si parla del «pari» in rapporto al Manzoni.
Sarà anche da vedere se l’argomento pascaliano del «pari» abbia avuto una particolare rifioritura e diffusione nel periodo stesso in cui il Balzac si servì della sua espressione a proposito della lotteria. Questo elemento potrà essere accertato anche attraverso le ricerche sul giansenismo manzoniano pubblicate recentemente dagli studiosi più serii come il Ruffini e il Trompeo.