Lorianismo. E. Ferri. § (74)

Il modo di giudicare la musica e il Verdi di Enrico Ferri è raccontato originariamente dal Croce nelle Conversazioni Critiche (Serie II, p. 314), in un capitoletto sui Ricordi ed affetti di Alessandro D’Ancona pubblicati dai Treves nel 1902 e che sarò apparso nella «Critica» dei primi anni 1903 o 1904): «Noto in quello (“ricordo“) sul centenario del Leopardi una felicissima invettiva contro i critici letterari della cosidetta scuola lombrosiana: invettiva che per altro a me pare ormai superflua, avendo io udito, or è qualche settimana, uno di codesti solenni critici, Enrico Ferri, in una sua commemorazione dello Zola tenuta a Napoli, dichiarare circa la quistione se Verdi sia o no un genio: che egli, Ferri, non intendendosi punto di musica, ossia non essendo esposto alle seduzioni della malia di quell’arte, poteva perciò dare in proposito “un giudizio sulla sua obbiettività sincero” e affermare con pacata coscienza, che il Verdi è un “ingegno” e non un “genio”, tanto vero che suo tenere in perfetto ordine i conti dell’azienda domestica!» L’aneddoto è stato raccontato anche in altra forma: che cioè il Ferri si ritenesse il più adatto a giudicare obbiettivamente e spassionatamente chi fosse più grande genio, Wagner o Verdi, appunto perché non si intendeva affatto di musica.


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