Un’introduzione allo studio della filosofia § (213)

〈I.〉 Il problema dei «semplici». La forza delle religioni e specialmente del cattolicismo consiste in ciò che esse sentono energicamente la necessità dell’unità di tutta la massa religiosa e lottano per non staccare mai gli strati superiori dagli strati inferiori. La chiesa romana è la più tenace nella lotta per impedire che «ufficialmente» si formino due religioni, quella degli intellettuali e quella dei «semplici». La cosa non è stata e non è senza gravi inconvenienti, ma questi «inconvenienti» sono legati al processo storico che trasforma tutta la vita civile, non al rapporto razionale tra intellettuali e «semplici». La debolezza delle filosofie immanentistiche in generale consiste appunto nel non aver saputo creare una unità ideologica tra il basso e l’alto, tra gli intellettuali e la massa (cfr motivo «Rinascimento e Riforma»). I tentativi di movimenti culturali «verso il popolo» – Università popolari e simili – hanno sempre degenerato in forme paternalistiche: d’altronde mancava in essi ogni organicità sia di pensiero filosofico, sia di centralizzazione organizzativa. Si aveva l’impressione che rassomigliassero ai contatti tra i mercanti inglesi e i negri dell’Africa: si dava merce di paccottiglia per avere pepite d’oro. Tuttavia il tentativo va studiato: esso ebbe fortuna, cioè rispondeva a una necessità popolare.

La quistione è questa: un movimento filosofico è tale solo in quanto si applica a svolgere una cultura specializzata per un ristretto gruppo di intellettuali o invece è tale solo in quanto, nel lavoro di elaborazione di un pensiero superiore, scientificamente organato, non dimentica mai di rimanere in contatto coi «semplici» e anzi trova in questi contatti la sorgente dei problemi da studiare e risolvere? Solo per questi contatti una filosofia diventa «storica», si depura degli elementi di origine «individuale», si fa «vita».

II. Religione cristiana. «La fede in un sicuro avvenire, nell’immortalità dell’anima destinata alla beatitudine, nella sicurezza di poter arrivare al godimento eterno, fu la molla di propulsione per un lavoro di intensa perfezione interna, e di elevazione spirituale. Il vero individualismo cristiano ha trovato qui l’impulso alle sue vittorie. Tutte le forze del cristiano furono raccolte intorno a questo fine nobile. Liberato dalle fluttuazioni speculative che snervano l’anima nel dubbio, e illuminato da principii immortali, l’uomo sentì rinascere le speranze, sicuro che una forza superiore lo sorreggeva nella lotta contro il male, egli fece violenza a se stesso e vinse il mondo» (Individualismo pagano e individualismo cristiano in «Civiltà Cattolica» del 5 marzo 1932). Cioè, per un certo periodo storico e in condizioni storiche determinate, il cristianesimo fu una «necessità» per il progresso: esso fu la forma determinata di «razionalità del mondo e della vita» e dette i quadri generali per l’attività pratica dell’uomo. Questo brano può essere paragonato a quello del Croce (in Etica e Politica, «Religione e serenità»).

III. Filosofia e senso comune o buon senso. Forse è utile distinguere «praticamente» la filosofia dal senso comune per poter meglio mostrare ciò che si vuole ottenere: filosofia significa più specialmente una concezione del mondo con caratteri individuali spiccati, senso comune è la concezione del mondo diffusa in un’epoca storica nella massa popolare. Si vuol modificare il senso comune, creare un «nuovo senso comune», ecco perché si impone l’esigenza del tener conto dei «semplici».


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