Unità della teoria e della pratica § (169)
Il lavoratore medio opera praticamente ma non ha una chiara conoscenza teorica di questo suo operare-conoscere il mondo; la sua coscienza teorica anzi può essere «storicamente» in contrasto col suo operare. Egli cioè avrà due coscienze teoriche, una implicita nel suo operare e che realmente lo unisce a tutti i suoi collaboratori nella trasformazione pratica del mondo, e una «esplicita», superficiale, che ha ereditato dal passato. La posizione pratico-teorica, in tale caso, non può diventare «politica», cioè quistione di «egemonia». La coscienza di essere parte della forza egemonica (cioè la coscienza politica) è la prima fase di una ulteriore e progressiva autocoscienza, cioè di unificazione della pratica e della teoria. Anche l’unità di teoria e pratica non è un dato di fatto meccanico, ma un divenire storico, che ha la sua fase elementare e primitiva nel senso di «distinzione», di «distacco», di «indipendenza». Ecco perché altrove ho osservato che lo sviluppo del concetto-fatto di egemonia ha rappresentato un grande progresso «filosofico» oltre che politico-pratico.
Tuttavia, nei nuovi sviluppi del materialismo storico, l’approfondimento del concetto di unità della teoria e della pratica non è ancora che a una fase iniziale: ancora ci sono dei residui di meccanicismo. Si parla ancora di teoria come «complemento» della pratica, quasi come accessorio ecc. Penso che anche in questo caso la quistione debba essere impostata storicamente, e cioè come un aspetto della quistione degli intellettuali. L’autocoscienza storicamente significa creazione di una avanguardia di intellettuali: una «massa» non si «distingue» e non diventa «indipendente» senza organizzarsi e non c’è organizzazione senza intellettuali, cioè senza organizzatori e dirigenti. Ma questo processo di creazione degli intellettuali è lungo e difficile, come si è già visto altrove. E per molto tempo, cioè finché la «massa» degli intellettuali non ha raggiunto una certa ampiezza, ciò che significa finché la più grande massa non ha raggiunto un certo livello di cultura, appare sempre come un distacco tra intellettuali (o certi di essi, o un gruppo di essi) e le grandi masse: quindi l’impressione di «accessorio e complementare». L’insistere sulla «pratica», cioè, dopo avere nell’«unità» affermata, non distinto, ma separato la pratica dalla teoria (operazione puramente meccanica) significa storicamente che la fase storica è ancora relativamente elementare, è ancora la fase economico-corporativa, in cui si trasforma il quadro generale della «struttura».
A proposito degli intellettuali si potrebbe ancora osservare, a questo proposito, la differenza fondamentale tra l’epoca prima e dopo la Rivoluzione francese e l’epoca attuale: l’individualismo economico dell’epoca precedente è anch’esso fenomeno di struttura, poiché la vecchia struttura si sviluppava per rapporti individuali. L’intellettuale immediato del capitalismo era l’«industriale», organizzatore della produzione. Nell’economia di massa, la selezione individuale avviene nel campo intellettuale e non in quello economico; l’affare principale, è quello dell’unificazione di pratica e teoria, cioè di direzione di «tutta la massa economicamente attiva», e ciò agli inizi non può non avvenire che individualmente (adesione individuale ai partiti politici e non Labour Party o associazioni sindacaliste): i Partito sono gli elaboratori della nuova intellettualità integrale e totalitaria e l’intellettuale tradizionale della fase precedente (clero, filosofi professionali ecc.) sparisce necessariamente, a meno che non si assimili dopo processo lungo e difficile.