Quaderno I (XVI) § (109) Confidenti e agenti provocatori dell’Austria
I confidenti che agivano all’estero e che dipendevano dalla Cancelleria di Stato di Vienna, non dovevano fare gli agenti provocatori; ciò risulta dalle precise istruzioni del principe di Metternich che, in un dispaccio segreto dell’8 febbraio 1844 indirizzato al conte Apponyi ambasciatore d’Austria a Parigi, così si esprimeva in merito al servizio che prestava nella capitale francese il famigerato Attilio Partesotti: «Il grande fine che il Governo imperiale si propone non è di trovare dei colpevoli né di provocare delle imprese criminali… Partesotti deve di conseguenza considerarsi come un osservatore attento e fedele ed evitare con cura di essere agente provocatore» (Staatskanzlei). Cosi scrive Augusto Sandonà nello studio Il preludio delle cinque giornate di Milano – Nuovi documenti, pubblicato nella «Rivista d’Italia» (ho letto solo la prima puntata nel numero del 15 gennaio 1927) a proposito dell’accusa lanciata dal dott. Carlo Casati (Nuove Rivelazioni sui fatti di Milano nel 1847-48, Milano, Hoepli, 1885) e dall’«Archivio triennale delle cose d’Italia» (vol. I, Capolago, Tip. Elvetica, 1850) al barone Carlo Torresani, direttore generale della polizia di Milano dal 1822 al 48, di aver organizzato un servizio di agenti provocatori che inscenassero i tumulti. È da osservare però che, nonostante le disposizioni del Metternich, gli agenti provocatori potevano operare ugualmente per necessità delle polizie locali e anche per necessità personale degli «osservatori» stessi.