Quaderno I (XVI) § (119) La demagogia
Le osservazioni fatte sulla deficienza di direzione politico-militare nel Risorgimento potrebbero essere ribattute con un argomento molto comune e molto frusto: «quegli uomini non furono demagoghi, non fecero della demagogia». Bisogna intendersi sulla parola e sul concetto di demagogia. Quegli uomini effettivamente non seppero guidare il popolo, non seppero destarne l’entusiasmo e la passione, se si intende demagogia nel suo significato primordiale. Ma essi raggiunsero il fine che si proponevano? Bisogna vedere: essi si proponevano di [creare] lo Stato moderno in Italia e non ci riuscirono, si proponevano di creare una classe dirigente diffusa ed energica e non ci riuscirono, di avvicinare il popolo allo Stato e non ci riuscirono. La meschina vita politica dal 70 al 900, il ribellismo elementare [ed endemico] delle classi popolari, la creazione stentata e meschina di un ceto dirigente scettico e poltrone sono la conseguenza di quella deficienza, In realtà poi gli uomini del Risorgimento furono dei grandissimi demagoghi: essi fecero del popolo-nazione uno strumento, degradandolo, e in ciò consiste la massima demagogia, nel senso peggiorativo che la parola ha assunto in bocca dei partiti di destra, in polemica coi partiti di sinistra, sebbene siano i partiti di destra ad aver sempre esercitato la peggiore demagogia.