I nipotini di padre Bresciani. Papini come apprendista gesuita. § (105)

L’articolo di Papini nella «Nuova Antologia» del 1° marzo 1932 (Il Croce e la Croce) mi pare dimostri che anche come gesuita il Papini non sarà mai più che un modesto apprendista. Questo è un vecchio somaro che vuole continuare a fare il somarello nonostante il peso degli anni e gli acciacchi e sgambetta e saltella turpemente. Mi pare che la caratteristica di questo articolo sia l’insincerità. Vedere come il Papini inizi l’articolo coi soliti lazzi stereotipati e meccanici contro il Croce e come verso la fine, facendo l’agnello pasquale, annunzi untuosamente che nella raccolta delle sue opere, gli scritti sul Croce saranno espurgati di ogni «piacevolezza» e apparirà solo la discussione «teorica». L’articolo è scritto di getto, si vede, e nel corso della scrittura il Papini ha cambiato atteggiamento, ma non si è curato d’intonare i latrati delle prime pagine ai belati delle ultime: il letterato soddisfatto di sé e dei colpi di fioretto, che egli crede azzeccati, è sempre superiore al pseudocattolico, ma anche al gesuita, ahi lui! e non ha voluto sacrificare il già scritto. Ma tutto lo scritto appare impacciato, tirato, costruito meccanicamente, come una ciliegia tira l’altra, specialmente la seconda parte, in cui l’ipocrisia traspare in modo repugnante. Mi pare però che Papini appaia ossessionato dal Croce: il Croce ha in lui la funzione della coscienza, delle «mani insanguinate» di lady Macbeth, e che egli reagisca a questa ossessione ora facendo lo spavaldo, tentando lo scherzo e lo sfottimento, ora piagnucolando miseramente. Lo spettacolo è sempre pietoso. Lo stesso titolo dell’articolo è sintomatico: che il Papini si serva della «croce» per fare dei bisticci testimonia della qualità letteraria del suo cattolicesimo.


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I nipotini del padre Bresciani. A. Luzio § (104)

Articolo di A. Luzio nel «Corriere della Sera» del 25 marzo 1932 (La morte di Ugo Bassi e di Anita Garibaldi) in cui si tenta una riabilitazione del padre Bresciani. Le opere del Bresciani «al postutto non possono, quanto al contenuto, venir liquidate con sommarie condanne». Il Luzio pone insieme il saggio del De Sanctis con un epigramma del Manzoni (il quale, interrogato se conoscesse l’Ebreo di Verona, avrebbe risposto, secondo il diario di Margherita da Collegno: «Ho letto i primi due periodi; paiono due sentinelle che dicano non andate avanti) e poi chiama «sommarie» le condanne; non c’è del gesuitico in questo furbo giocherello?

E ancora: «Non simpatico certo è il tono con cui egli, portavoce della reazione susseguita ai moti del ’48-49, rappresentava e giudicava gli asservitori delle aspirazioni nazionali: ma in più d’uno dei suoi racconti, soprattutto nel Don Giovanni ossia il Benefattore occulto (volumi 26-27 della “Civiltà Cattolica”), non mancano accenti di umana e cristiana pietà per le vittime; parziali episodi vengono equamente messi in bella luce, per esempio la morte di Ugo Bassi e la straziante fine di Anita Garibaldi». Ma forse che il Bresciani poteva fare diversamente? Ed è proprio notevole, per giudicare il Luzio, che egli dia per buono al Bresciani proprio il suo gesuitismo e la sua demagogia di bassa lega.

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Sulla Cina § (103)

M.T.Z. Tyan, Two years of nationalist China, Kelly and Walsh, Shangai (del 1930 o 31). Opera documentaria (di circa 500 pp.) che pare sia molto interessante e ben fatta. Storia di due anni. Kuomintang, organizzazione del Governo Nazionalista, statistiche sulla vita cinese, appendice di documenti. L’autore è direttore del «The Peking Leader» quotidiano della «The Chinese Social and Political Review», uno dei giornalisti politici cinesi più abili e più preparati.


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Passato e presente. § (102)

Cfr Gioacchino Volpe, 23 marzo 1919: 27 ottobre 1922, nel «Corriere della Sera» del 22 marzo 1932 (in occasione dell’anniversario della fondazione del Fascio di Milano). Articolo interessante e abbastanza comprensivo. Sarà da fare una bibliografia di tutti gli scritti del Volpe sugli avvenimenti del dopoguerra: alcuni sono già raccolti in volume. Nel «Corriere» del 23 marzo è uscito un secondo articolo del Volpe, Fascismo al Governo: 1922-1932, molto meno interessante del primo, ma con elementi notevoli: è evidente il tentativo di scrivere non da apologeta puro, ma da critico che si pone da un punto di vista storico, ma non pare molto riuscito.

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