Passato e presente. 1915 § (120)
Per ciò che riguarda il rapporto delle forze al momento dell’entrata in guerra dall’Italia, e per giudicare la capacità politica di Salandra-Sonnino, non bisogna considerare la situazione quale era al 24 maggio, ma quale era quando fu fissata la data del 24 maggio per l’inizio delle ostilità. È evidente che una volta fissata questa data, per trattato, non era più possibile mutarla perché nel frattempo la situazione sul fronte orientale era mutata. La quistione che si pone è se non convenisse che l’entrata in guerra dell’Italia avesse a coincidere con l’inizio dell’offensiva russa e non calcolare «assolutamente» sulla buona riuscita dell’offensiva stessa. Che Salandra metta in vista e insista sul fatto che l’entrata in guerra coincise col rovescio russo, quasi ad affermare che non si andava in soccorso del vincitore, non testimonia di molta serietà politica e di responsabilità storica.
Quistione della distruzione dell’Imperto Austro-Ungarico. Dalle Memorie del conte Czermin apparirebbe che il Czermin riteneva che l’esistenza del Patto di Londra significava la distruzione della monarchia absburgica, poiché senza Trieste la monarchia non sarebbe più esistita. I tentativi di pace separata da parte dell’Austria (iniziativa di Sisto di Borbone – polemica Clemenceau-Czermin nei primi mesi del 1918 – dimissioni di Czermin) sarebbero falliti per l’opposizione dell’Italia e per il Patto di Londra, nonostante l’austrofilia latente in Francia e Inghilterra (tanto che Czermin scrive che l’Italia aveva «la direzione diplomatica della guerra»). Ma queste affermazioni di Czermin non mutano il giudizio sulla condotta del Sonnino verso il problema dell’Austria, poiché si tratta non di sapere se l’Impero absburgico sarebbe «meccanicamente» morto per l’amputazione di Trieste, ma se Sonnino voleva la fine dell’Impero absburgico. Intanto è da dubitare che l’Impero sarebbe crollato senza Trieste; poteva anche avere un sussulto di energia e dar luogo a una nuova guerra con l’Italia. La posizione di Sonnino è da vedere per riguardo alle quistioni nazionali esistenti in Austria e quindi come problema politico-militare immediato, come elemento della guerra in atto: una politica di nazionalità (come voleva anche il generale Cadorna) avrebbe accelerato la vittoria italiana determinando il dissolvimento interno dell’esercito austroungarico? Questo è il problema e intorno ad esso sono da discutere le responsabilità di Salandra-Sonnino e specialmente di Sonnino.