La strada maestra per moralizzare la vita pubblica
Intervento al Comitato Centrale del Pci, giugno 1974
Il popolo italiano esige oggi che si dica la verità; è pronto ad appoggiare, come ha fatto per il divorzio, riforme di libertà, di democrazia, di progresso civile.
Questa è la strada maestra per moralizzare la vita pubblica.
È urgente dare inizio a una fase in cui si metta fine ai finanziamenti occulti, agli intrallazzi, alle ruberie, al sistematico sacrificio degli interessi pubblici più sacrosanti (la salute, la difesa del paesaggio e del patrimonio artistico, l’ordinato sviluppo urbanistico, l’onesto rispetto della legge e dell’equità) agli interessi privati, di parte, di corrente, di gruppi e uomini nella lotta per il potere.
In questo campo, ciò che innanzi tutto conta, al di là della cortina fumogena di tutte le ipocrite prediche moraleggianti sulla «classe politica», sono i fatti, le decisioni politiche e parlamentari.
Noi siamo stati favorevoli al finanziamento pubblico dei partiti. Ma esso deve rappresentare l’inizio di una effettiva moralizzazione, di una effettiva condizione di indipendenza, per tutte le forze politiche, da centri di potere finanziari occulti.
Ma come si può, allora, accettare una decisione scandalosa, come quella assunta dalla maggioranza di centro-sinistra, più i liberali e i fascisti – nella commissione parlamentare inquirente – di avocare, e cioè di insabbiare, l’inchiesta della magistratura ordinaria sui fondi della Montedison?
Il popolo italiano esige oggi che si dica la verità; è pronto ad appoggiare, come ha fatto per il divorzio, riforme di libertà, di democrazia, di progresso civile.
Questa è la strada maestra per moralizzare la vita pubblica.
È urgente dare inizio a una fase in cui si metta fine ai finanziamenti occulti, agli intrallazzi, alle ruberie, al sistematico sacrificio degli interessi pubblici più sacrosanti (la salute, la difesa del paesaggio e del patrimonio artistico, l’ordinato sviluppo urbanistico, l’onesto rispetto della legge e dell’equità) agli interessi privati, di parte, di corrente, di gruppi e uomini nella lotta per il potere.
In questo campo, ciò che innanzi tutto conta, al di là della cortina fumogena di tutte le ipocrite prediche moraleggianti sulla «classe politica», sono i fatti, le decisioni politiche e parlamentari.
Noi siamo stati favorevoli al finanziamento pubblico dei partiti. Ma esso deve rappresentare l’inizio di una effettiva moralizzazione, di una effettiva condizione di indipendenza, per tutte le forze politiche, da centri di potere finanziari occulti.
Ma come si può, allora, accettare una decisione scandalosa, come quella assunta dalla maggioranza di centro-sinistra, più i liberali e i fascisti – nella commissione parlamentare inquirente – di avocare, e cioè di insabbiare, l’inchiesta della magistratura ordinaria sui fondi della Montedison?
E come si potrebbe consentire a una amnistia, la quale dovrebbe seppellire, con sotterfugi, tutto il passato di imbrogli e di manovre di potere? Chi pensa a questo non ha capito niente del voto del 12 maggio!
Noi chiediamo che al popolo italiano si dica la verità; che si rompano le reti dell’omertà, dei ricatti, dei condizionamenti; che di fronte al popolo si assumano impegni seri e chiari per l’avvenire. [...]Una nazione può anche sopportare un periodo di difficoltà e di durezze quando se ne fa una ragione; ma non può vivere, conservare una sua unità morale e andare avanti senza avere dinanzi a sé una prospettiva e delle mete da raggiungere.
Ecco la ragione più profonda del malessere che serpeggia e si diffonde nei più vari strati della società e che dà luogo a fenomeni di avvilimento, o di esasperazione, o di scatenamento di particolarismi. Anche nell’ attività di certi settori dell’ amministrazione pubblica, così come della scuola, si constata un affievolimento di impegno, che non giustifica la svogliatezza dei singoli, ma la cui causa principale sta nel fatto che la direzione politica del paese niente fa per rendere consapevoli i cittadini delle ragioni sociali e personali di un severo impegno nel lavoro e nello studio, non sa infondere in tutta la collettività il senso dello Stato perché essa stessa non lo ha, non sa insomma indicare una nuova prospettiva di sviluppo a tutta la nazione.