Divorzio: una battaglia di libertà

Intervista a l’Humanité, 25 marzo 1974

Molti si domandano in Francia come è possibile che in un momento in cui l’Italia è di fronte a tanti difficili problemi economici, sociali e politici essa si trovi impegnata in una campagna elettorale quale il referendum per l’abrogazione del divorzio.

È una domanda più che legittima, soprattutto in un paese dove certi principi sono ammessi fin dal tempo della «grande rivoluzione» e dove nessuno, neppure di parte cattolica, si sogna di proporre l’abolizione dell’istituto del divorzio.

La verità è che, in Italia, il referendum è una manovra voluta dai gruppi di destra, reazionari e clericali, sia come diversivo sia come occasione di attacco contro quel grande movimento unitario di massa che caratterizza la vita sociale e politica italiana .degli ultimi anni. L’adesione dei neofascisti alla campagna «antidi­vorzista» e le prese di posizione dei gruppi clericali più retrivi confermano questo nostro giudizio.

Ma si poteva evitare una scadenza costituzionale quale il referendum?

Sì, se vi fosse stata una volontà politica. Noi eravamo pronti infatti, e con noi lo erano i compagni socialisti e altre forze de­mocratiche, perfino della stessa Democrazia cristiana, a introdurre nella legge sul divorzio alcune modifiche anche importanti, per tenere conto di esigenze e proposte venute dal mondo cattolico. Ciò avrebbe comportato la caduta del referendum. Ma i dirigenti della Dc hanno rifiutato ogni proposta. Ecco perché si arriva al referendum.

Qualcuno ha scritto, anche in Francia, che voi volete evi­tarlo perché ne temete il risultato.

Sarebbe come dire che uno che vuole la pace tende ad evi­tare la guerra solo perché può perderla! Noi abbiamo cercato di evitare questa prova perché la riteniamo dannosa agli interessi del paese. Ma una volta che la prova è divenuta inevitabile è chiaro che la combatteremo con il massimo impegno, per vin­cerla; e con noi staranno anche milioni di lavoratori cattolici che non vogliono confondere il loro voto con quello dei fascisti.

La legge italiana sul divorzio è una delle meno permissive esistenti nel mondo.

Infatti la legge esiste da tre anni e in tre anni si sono avuti in Italia circa 60.000 divorzi, quasi tutti relativi a separazioni legali che duravano da moltissimi anni. Si tratta di una legge che consente la sistemazione legale dei matrimoni falliti ormai da lun­go tempo. È una legge giusta, anche se può essere migliorata, come tutte le leggi, e noi siamo disposti a questo. Cancellarla, come vogliono Fanfani e i suoi, è invece un assurdo che ci por­terebbe al fatto che in Italia gli unici matrimoni che potrebbero essere sciolti sarebbero quelli religiosi ad opera del tribunale ec­clesiastico della Sacra Rota!

Pensi che nell’orientamento dell’elettorato italiano il 12 mag­gio avrà un peso anche l’opinione pubblica di altri paesi?

Certamente. Gli italiani sono sensibili all’opinione mondiale e in particolare a quella di un grande paese come la Francia, che è al tempo stesso un paese di grandi tradizioni democratiche e laiche ed un paese con una larga presenza cattolica.

Siamo certi che non solo i nostri compagni francesi ma anche i nostri amici socialisti e democratici francesi, i vostri stessi ambienti cattolici aiuteranno molti italiani ad orientarsi, ci aiu­teranno a far sì che il nostro paese non vada indietro e non sia, In questa materia, al livello della Spagna di Franco, unico paese europeo dove non vi è il divorzio.

E i vostri emigrati in Francia cosa faranno?

Sono certo che parteciperanno, come sempre, anche a questa nostra grande battaglia per la libertà.
Assieme ai vostri compagni abbiamo già avuto numerose riu­nioni di orientamento dei quadri del Pcf francesi e italiani delle regioni dove è più numerosa la nostra emigrazione ed abbiamo avviato una estesa attività.
Una iniziativa importante che sappiamo essere in corso è quella delle lettere che i nostri emigrati in Francia, anche quelli naturalizzati francesi, stanno scrivendo a loro parenti, amici e co­noscenti in Italia per aiutarli a comprendere il significato del voto del 12 maggio.
Anche su questo terreno l’eccellente comprensione e colla­borazione che esiste tra i nostri due partiti sta dando i suoi frutti.

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