La nostra proposta di governo
Intervista su L’Unità, di Alfredo Reichlin, 7 dicembre 1980
La proposta politica avanzata dalla nostra Direzione ha suscitato una forte impressione. Si è aperto un dibattito appassionato: da tempo non si vedevano assemblee di partito tanto affollate. La novità c’è ed è naturale che, al di là delle reazioni ostili degli avversari (anche qui colpisce un senso diffuso di riflessione e di prudenza) si registrino dubbi e interrogativi. Che cosa ha spinto il Partito comunista a proporsi come perno e punto di raccolta di un largo schieramento di forze che rappresenti una reale alternativa democratica a una DC che non appare più in grado di assicurare quella guida politica e morale di cui c’è un bisogno estremo, vitale? E perché questa iniziativa viene proprio ora? Credo si avverta che la novità della proposta consiste anche nel fatto che non si tratta dell’invenzione di una nuova formula parlamentare, di una qualche alchimia. Si sente che è nuovo, e più largo, l’orizzonte in cui ci muoviamo. Che in sostanza ci proponiamo di affrontare il problema del ricambio, orami necessario, dei gruppi e delle classi dirigenti. E che – proprio per questo – la nostra è una proposta che si rivolge non solo alle forze politiche, ma al Paese per mobilitarlo, per organizzare una spinta di massa, una corrente di opinione. Ma credo anche che restino molti dubbi. Questa proposta è realistica? È credibile? Dove stanno i suoi interlocutori? Andiamo a uno scontro frontale con tutta la DC e il mondo cattolico popolare? Non c’è il rischio, per il partito, di fughe in avanti e di rigurgiti settari? E poi la domanda su cui tanto si insiste, a volte con malizia, a volte con preoccupazione: si tratta di una svolta rispetto alla nostra strategia? Ho avuto così una lunga conversazione con Enrico Berlinguer che ho riassunto in una serie di domande e di risposte.
Divorzio: una battaglia di libertà
Intervista a l’Humanité, 25 marzo 1974
Unità e Rigore
di Enrico Berlinguer, 19 marzo 1978, Articolo su L’Unità
Viviamo giorni gravi per la nostra democrazia. Abbiamo parlato di pericolo per la Repubblica. Non è un cedimento all’emozione, è un giudizio politico che parte dalla consapevolezza delle forze potenti, interne e internazionali, che muovono le fila di questo attacco spietato contro lo Stato e le libertà repubblicane. Il Paese ha capito e milioni di uomini si sono mobilitati dando la risposta giusta, la più ampia e la più unitaria. Comunisti, socialisti, democristiani, cittadini e giovani di ogni fede politica si sono ritrovati in piazza con le loro bandiere e con una comune volontà di difendere la democrazia. E in Parlamento le forze politiche democratiche hanno dato vita ad una maggioranza nuova per la presenza in essa, dopo più di trent’anni, del partito comunista italiano: fatto che ha assunto particolare significato per il momento in cui è avvenuto, superando di slancio dubbi e incertezze di ogni parte che pur erano presenti dopo la conclusione della crisi di governo. E’ facile immaginare quale sarebbe oggi la situazione, quale lo smarrimento, se non vi fosse stata questa risposta del Paese e del Parlamento.