Unità e Rigore
di Enrico Berlinguer, 19 marzo 1978, Articolo su L’Unità
Viviamo giorni gravi per la nostra democrazia. Abbiamo parlato di pericolo per la Repubblica. Non è un cedimento all’emozione, è un giudizio politico che parte dalla consapevolezza delle forze potenti, interne e internazionali, che muovono le fila di questo attacco spietato contro lo Stato e le libertà repubblicane. Il Paese ha capito e milioni di uomini si sono mobilitati dando la risposta giusta, la più ampia e la più unitaria. Comunisti, socialisti, democristiani, cittadini e giovani di ogni fede politica si sono ritrovati in piazza con le loro bandiere e con una comune volontà di difendere la democrazia. E in Parlamento le forze politiche democratiche hanno dato vita ad una maggioranza nuova per la presenza in essa, dopo più di trent’anni, del partito comunista italiano: fatto che ha assunto particolare significato per il momento in cui è avvenuto, superando di slancio dubbi e incertezze di ogni parte che pur erano presenti dopo la conclusione della crisi di governo. E’ facile immaginare quale sarebbe oggi la situazione, quale lo smarrimento, se non vi fosse stata questa risposta del Paese e del Parlamento.
Berlinguer: “Non abbiamo fretta”
Intervista a Time Magazine, 30 giugno 1975
“È un buon compagno, ma non proprio una buona compagnia…”, disse una volta un dirigente comunista del Segretario del partito Enrico Berlinguer. Riservato e silenzioso, Berlinguer parla in un modo pacato e asciutto eppure ancora capace di diffondere un certo magnetismo. È un’anomalia in tutti i sensi. Sebbene guidi il più grande partito proletario d’Occidente, le sue fragili mani sono state raramente rovinate da un attrezzo più ruvido del timone di una barca a vela. Discendente di una famiglia aristocratica sarda di proprietari terrieri, è sposato con una cattolica praticante, ma è egli stesso un ateo.
Partito e società nella realtà degli anni ’80
Articolo su Rinascita, 6 dicembre 1982
Lo sviluppo impetuoso del movimento per la pace, caratterizzato da contenuti e forme di partecipazione in parte diversi da quelli propri dei partiti, ci consente di riproporre il tema delle novità che si vanno manifestando nel rapporto tra le masse e la politica, sul quale avemmo occasione di riflettere dopo la campagna referendaria sull’aborto.
Già allora rilevammo la necessità, soprattutto per un partito come il nostro, di liberarsi definitivamente e rapidamente da una visione riduttiva della politica e della lotta politica, che tende a misurarne i risultati solo in termini di voti per i partiti, di numero di seggi nelle assemblee elettive, di peso espresso in numero di posti e posizioni di potere, di formazione di schieramenti politici, parlamentari e di governo. Tutte queste cose sono importanti e, spesso, decisive, ma esse non devono indurre i partiti – e comunque un partito quel è il nostro – a ignorare o anche solo a trascurare il carattere e il valore schiettamente politici di quei fatti ai quali danno luogo movimenti e organismi che, sulla base di bisogni di esigenze della più varia natura, si manifestano e si affermano nella società e anche fuori dei partiti e che sono indice e conseguenza, a un tempo, di questioni nuove da risolvere, di aspirazioni, idee, costumi e comportamenti nuovi del nostro secolo.
Il Compromesso nella fase attuale
Articolo su Rinascita, 22 agosto 1979
Nell’agosto del 1946, trentatré anni fa, Palmiro Togliatti scriveva per Rinascita un editoriale che, a rileggerlo oggi, offre l’occasione per meditare fruttuosamente sulle recenti vicende politiche italiane e sulle iniziative del nostro partito – di allora e di oggi – nell’individuare gli obiettivi e nel mobilitare unitariamente le forze capaci di salvare il paese rinnovandolo.
L’editoriale, scritto in un momento acuto dello scontro con De Gasperi sulla politica economica, era dedicato alla politica di Epicarmo Corbino (allora ministro liberale del Tesoro) e alla lotta dei comunisti e delle sinistre democratiche per dare un nuovo corso all’economia del paese. In esso, con scrupolosa e distaccata precisione, si fa il bilancio complessivo di quella fase della politica del Pci che Togliatti definì la fase di un «preciso compromesso» tra «le grandi ali» (quella progressiva e quella conservatrice) del «fronte antifascista».